- 1. Natura giuridica dell’ABF; 2. La decisione ABF; 3. Decisione ABF e rapporti con i giudizi monitori; 4. Profili comparatistici.
* * *
Il presente documento trae origine dalla necessità di chiarire alcuni problemi connessi alle decisioni emesse dall’Arbitro Bancario Finanziario.
Dopo un breve excursus sulla natura giuridica dell’organo “giudicante” e sul provvedimento emesso a chiusura della procedura, si esaminerà la questione relativa alla possibilità per il giudice ordinario di emettere decreto ingiuntivo in forza della decisione ABF focalizzando quindi l’attenzione sul suo valore probatorio ai fini del provvedimento monitorio.
In chiusura, si descriveranno sinteticamente le principali soluzioni adottate da altri paesi europei nell’ambito del sistema delle ADR.
- Natura giudica dell’ABF.
Come noto l’area di riferimento dell’ABF è quella della giustizia stragiudiziale; tale sistema riguarda le controversie minori (c.d. small claims).
Sulla natura giuridica di tale organismo è opportuno richiamare preliminarmente l’ordinanza della Corte costituzionale (del 21 luglio 2011, n. 218) che ha dichiarato l’inammissibilità della legittimazione dell’arbitro alla proposizione di questioni di legittimità costituzionale: a) perché ne viene esclusa natura giurisdizionale; b) perché la sua pronuncia non è autenticamente decisoria, non incidendo sulla situazione giuridica delle parti (è un “responso “, nel lessico della Corte); c) perché il decidere “secondo diritto” è proprio anche di qualsiasi organismo della pubblica amministrazione.
Preso atto di ciò, rimane aperta tuttavia la questione su quale natura giuridica debba attribuirsi all’ABF alla luce delle considerazioni fornite, negli anni, dalla dottrina[1].
In prima battuta, nonostante la denominazione di tale organismo possa indurre in errore, la dottrina maggioritaria evidenzia che in tale contesto non si possa parlare di arbitrato (sia rituale che irrituale) in quanto né la legge (art. 128- bis T.U.B.) né la delibera del CICR del 2008 contengono alcun riferimento alla natura di lodo della decisione. Inoltre, ostano alla qualificazione del procedimento ABF come arbitrato il fatto che non vi è alcun accordo fra le parti di devolvere la controversia a tale organo: in particolare, non esiste alcuna pattuizione prima della controversia che possa in qualche modo equipararsi a una clausola compromissoria né esiste alcun accordo successivo alla lite che possa equipararsi a un compromesso.
E’ opportuno altresì rammentare che nella concezione classica di arbitrato, entrambe le parti hanno la possibilità di attivare il procedimento arbitrale. Ciò avviene quanto meno nel caso dell’arbitrato comune regolato dal codice di procedura civile. Davanti all’ABF, invece, solo il cliente (e non l’intermediario) può attivare la relativa procedura (c.d. “legittimazione attiva disuguale”).
Si aggiunga, che la decisione dell’ABF non è vincolante per le parti in lite (infatti sia le norme regolamentari che la norma del Testo Unico ribadiscono la possibilità di adire l’autorità giudiziaria) e non può essere eseguita coattivamente nel merito, contrariamente al lodo arbitrale[2].
In seconda battuta, preme escludere (da quanto emerge dalla dottrina) anche la possibilità di qualificare tale procedura nell’alveo dei c.d. “arbitraggi” (art. 1349 c.c.). Infatti, i Collegi dell’ABF sono chiamati a pronunciarsi su una controversia in atto, laddove invece il terzo arbitratore è chiamato a determinare uno degli elementi del negozio in formazione, e non a risolvere questioni relative a precedenti rapporti; il compito dell’arbitratore, pertanto, è quello di determinare elementi di carattere economico e non di risolvere questioni di diritto. Ne deriva che l’arbitraggio, diversamente dal procedimento riconducibile all’art. 128-bis del T.U.B., non persegue la funzione di risolvere una controversia, non distribuisce ragioni e torti, né fissa la misura di risarcimenti monetari né, da ultimo, stabilisce i comportamenti che gli intermediari sono tenuti ad osservare per rimediare a loro inadempimenti verso i clienti [3].
E’, del pari, da escludersi la teoria secondo cui l’ABF potrebbe qualificarsi come un sistema di mediazione/conciliazione in quanto il Collegio giudicante non assume i connotati del mediatore terzo e imparziale, non interponendosi fra il cliente e l’intermediario al fine di tentare una composizione degli interessi; l’ABF non avanza, infatti, alcuna proposta finalizzata all’accettazione da parte dei litiganti, come è tipico della mediazione[4].
Occorre brevemente fare presente che l’ABF è stato da alcuni qualificato come una procedura amministrativa di vigilanza svolta dalla Banca d’Italia sull’attività degli intermediari bancari.
Più in particolare, per tale dottrina il procedimento innanzi all’ABF è strumentale all’esercizio della funzione di vigilanza della Banca d’Italia, poiché nei casi in cui il Collegio, all’esito del procedimento attivato dal cliente, rilevi l’inadempimento dell’intermediario, la decisione dell’ABF ed il comportamento dell’intermediario sono sottoposti al vaglio della Banca d’Italia. Tale orientamento, in ogni caso, non convince la maggioranza degli autori, segnatamente in quanto dopo le modifiche regolamentari, non è (come originariamente previsto) la segreteria tecnica (id est, la Banca d’Italia) a valutare il possibile inadempimento alla decisione e a comminare la sanzione reputazionale ma spetta al Collegio quale organismo indipendente l’accertamento (e la valutazione) dell’inadempimento ai fini dell’adozione della sanzione reputazionale. La pubblicazione dell’inadempimento da parte della Banca d’Italia, una volta che quest’ultimo sia stato accertato dal Collegio, costituisce atto materiale e dovuto, come tale sottratto a qualunque valutazione discrezionale.
Concludendo, si rileva che la maggior parte degli autori sembrerebbero concordare nell’inserire l’ABF nel più ampio panorama delle ADR, latu sensu intese.
Sul versante della giurisprudenza di merito appare necessario segnalare che il Tribunale di Roma, con una recente sentenza del 08.03.2022, ha esaminato il problema della natura giuridica dell’ABF (e dell’ACF[5]) addivenendo alle medesime conclusioni appena descritte.
In particolare, nel caso oggetto della controversia, il giudice di prime cure era stato chiamato a pronunciarsi sulla valenza “coattiva” della decisione dell’ACF in quanto titolo idoneo alla emissione di un decreto ingiuntivo e ha così osservato: “Il sistema ABF/ACF, sotto il profilo della natura giuridica, non è assimilabile alla conciliazione, né all’arbitraggio, né, ancora, all’arbitrato, dovendo, piuttosto, in un’ottica meramente descrittiva, qualificarsi come un meccanismo stragiudiziale di risoluzione delle controversie di natura contenziosa e decisorio-aggiudicativa, le cui decisioni, però, non possiedono il carattere della vincolatività in senso proprio, non potendo passare in giudicato, né costituire titolo esecutivo”[6].
Dirimente sul punto è la circostanza che la disciplina sui metodi alternativi di composizione delle controversie in materia di consumo portata dal d. lgs. 6 agosto 2015, n. 130 di attuazione della direttiva UE 6 febbraio 2013, n. 11 (che ha, in parte qua, modificato il codice del consumo attraverso l’introduzione di un Titolo II – bis, artt. 141 ss.) prevede che l’ABF faccia parte degli organismi delle ADR di consumo in materia bancaria, che sia iscritto nel relativo elenco di cui all’art. 141 decies e assoggettato alla sorveglianza della Banca d’Italia.
- La decisione ABF.
Esclusa ogni tesi che accosta l’ABF all’arbitrato, alla mediazione, all’arbitraggio o a una procedura amministrativa ed escludendo, di conseguenza, ogni similitudine della decisione ABF ai provvedimenti emanati a chiusura delle menzionate procedure (lodo arbitrale, verbale di conciliazione, provvedimento amministrativo, ecc), appare opportuno definire i caratteri essenziali della decisione ABF (e la sua efficacia) al fine di risolvere i principali quesiti che ci occupano.
Come noto, la decisione sul ricorso, da comunicarsi alle parti per il tramite della segreteria tecnica, è motivata ed è assunta sulla base della documentazione raccolta nell’àmbito dell’istruttoria, applicando le previsioni di legge e regolamentari in materia, nonché eventuali codici di condotta ai quali l’intermediario aderisca.
Laddove l’intermediario risulti inadempiente, anche parzialmente, rispetto alle decisioni del Collegio giudicante, scattano le sanzioni reputazionali mediante pubblicazione della decisione resa sul sito dell’ABF.
Nonostante tale “vincolatività di fatto” la decisione dell’ABF non può ritenersi giuridicamente vincolante, per varie ragioni.
Sul punto preme richiamare preliminarmente la Banca d’Italia che ha testualmente affermato: “per gli intermediari, così come per i clienti, quale che sia l’esito della procedura, resta ferma la facoltà di ricorrere all’autorità giudiziaria ovvero ad ogni altro mezzo previsto dall’ordinamento per la tutela dei propri diritti e interessi. Le decisioni dell’ABF, infatti, non incidono sulle situazioni giuridiche delle parti”. Da tale disposto deriva chiaramente che la decisione dell’ABF non può assumere in nessun caso natura giurisdizionale in quanto non incide sulla sfera giuridica delle parti né sono previsti mezzi di impugnazione contro di essa.
In ordine alla decisione ABF vale anche richiamare nuovamente l’ordinanza resa dalla Corte Costituzionale che, come già fatto presente, qualifica tale provvedimento “responso” che non contiene alcun obbligo giuridico suscettibile di essere azionato.
Pertanto, visto quanto affermato dalla Consulta e alla luce delle conclusioni rese dalla dottrina maggioritaria, nella decisione ABF si potrebbe ravvisare un parere pro veritate nell’ambito di una prestazione di opera intellettuale resa da un gruppo di esperti, sulla fondatezza della pretesa avanzata dal ricorrente[7].
- Decisione ABF e rapporti con i giudizi monitori.
Giunti alla questione fondamentale della trattazione, si ritiene di poter riportare alcune considerazioni in ordine ai rapporti fra giudizio monitorio e decisioni ABF.
Vale la pena di escludere sin da subito la possibilità nel processo civile di utilizzare la decisione ABF come titolo esecutivo ex art. 474 c.p.c. visto il numerus clausus della categoria di atti elencati dal legislatore.
A tal proposito è dirimente ricordare che il 3 novembre 2020 è stata presentata alla Camera una proposta di legge (n. 2764) che, sottolineando il carattere di sistema stragiudiziale di tipo “decisiorio” dell’ABF e dell’ACF, chiede una modifica dell’art 474 c.p.c. con l’inserimento di tali decisioni nell’elenco dei titoli aventi efficacia esecutiva, motivando che: “In tal modo, si dà piena attuazione a quanto disposto dall’articolo 128-bis, comma 2, TUB: «(…) Le procedure devono in ogni caso assicurare la rapidità, l’economicità della soluzione delle controversie e l’effettività della tutela”.
In ogni caso, nella fattispecie che ci occupa, è stato emesso un decreto ingiuntivo in quanto, a parere del giudice, la decisione costituisce prova scritta del credito ai sensi dell’art. 633 c.p.c. e, in forza di essa, il giudicante ha ritenuto ammissibile il ricorso per ingiunzione di pagamento presentato dalla cliente.
Ebbene, tali considerazioni del giudice potrebbero essere censurabili secondo i seguenti profili:
- Qualificando la decisione ABF come un “responso” (come affermato dalla Corte Costituzionale) alla dottrina maggioritaria parrebbe senz’altro forzato attribuire a un responso/parere efficacia probatoria: essendo in sostanza uno scritto proveniente da un terzo, si potrebbe solo ottenere l’acquisizione del documento al processo dalla parte interessata, ex art. 116 c.p.c. concorrendo al convincimento del giudice, in quanto avente mero valore indiziario[8].
- Si rammenta, inoltre, come una dottrina ha osservato che il provvedimento ABF (ai fini di un utilizzo probatorio per la tutela monitoria) non contiene la prova della sussistenza di uno o più fatti costitutivi del diritto fatto valere[9]. L’autore, infatti, a sostegno di quanto affermato, osserva: “Pensiamo al caso del cliente che, avendone fatta richiesta, riceva in copia le controdeduzioni dell’intermediario. In ogni caso, egli non avrà modo di contraddire nel merito. Le circostanze di fatto, pertanto, saranno valutate dal giudice allo stato degli atti al solo fine di emettere il più volte ricordato giudizio prognostico non incidente sulle posizioni giuridiche soggettive dedotte”.
Nulla peraltro esclude che giudice e arbitro possano impostare un virtuoso gioco cooperativo attraverso il quale, reso preventivamente edotto (grazie all’acquisizione in giudizio della decisione) della ratio decidendi, dell’iter logico e degli elementi di fatto che hanno condotto al giudizio spesso basato su approfondimenti tecnici altamente specifici, l’organo di giurisdizione riduca elevati costi transattivi e instauri così, nel rispetto dei ruoli, rapporti dialogici certamente fecondi. Ma è cosa all’evidenza tutt’affatto diversa dall’efficacia probatoria della decisione ABF.
- Profili comparatistici.
In materia di ADR è ora opportuno rivolgere uno sguardo agli altri Paesi europei coinvolti dalla citata direttiva n. 11/2013 UE.
Tale fonte del diritto comunitario ha armonizzato la disciplina delle ADR fra consumatori e professionisti con lo scopo di ridurre il contenzioso di fronte ai tribunali, fornendo, al contempo, una tutela rapida, efficiente e che fosse accessibile per i consumatori dal punto di vista dei costi. In questo contesto, il legislatore europeo si è preoccupato di garantire il rispetto dei principi fondamentali in tema di accesso alla tutela giurisdizionale.
Si precisa che con tale intervento la direttiva non mira a modificare in maniera sostanziale i sistemi di ADR già esistenti nel panorama europeo; come già fatto presente, l’intervento è di armonizzazione nel rispetto dei diversi ordinamenti e delle distinte tradizioni giuridiche: non si impone, infatti, uno schema fisso e immodificabile ma si opta per meccanismi sia facilitativi che aggiudicativi.
Per questo motivo, si possono sin da subito riscontrare una serie di differenze fra i vari stati membri: ad esempio, nelle diverse autorità competenti di controllo (incaricate di certificare e monitorare gli organismi ADR) che i singoli Paesi hanno scelto. Alcuni Stati hanno infatti affidato questo ruolo ai Ministri dell’economia (ad esempio, Belgio, Lussemburgo, Romania); al Ministero della giustizia (Finlandia) o alle Autorità settoriali (Italia, Regno Unito).
Fatte tali brevi premesse, nella presente trattazione si procederà con l’esame delle ADR in materia bancaria e finanziaria con particolare riguardo al sistema spagnolo, francese, tedesco e inglese.
Preliminarmente è bene osservare che si può fare una prima distinzione dei sistemi di ADR nei Paesi europei in base ai provvedimenti che vengono emessi dagli organismi al termine della procedura: ad esempio, come poi si vedrà meglio in seguito, il sistema francese si caratterizza per essere di tipo conciliativo (perché mira a un accordo fra le parti). Diversamente, i sistemi tedesco e spagnolo (come anche quello italiano) sono di tipo decisorio/aggiudicativo (la decisione è affidata a un organo terzo e imparziale).
Inoltre, tutti i sistemi richiedono un primo tentativo di risoluzione della controversia a livello interno, dovendosi esperire un apposito reclamo nei confronti dell’intermediario (fa eccezione la Germania dove l’accesso ai sistemi ADR può prescindere da tale onere).
In Spagna[10] sono tre gli enti competenti a risolvere controversie in materia bancaria/finanziaria al di fuori della giustizia ordinaria. Si tratta del Banco de España, della Dirección General de Seguros y Fondos de Pensiones e della Comisión Nacional del Mercado de Valore.
Con particolare attenzione al settore bancario, è il Servicio de Reclamaciones del Banco de España che risolve le controversie fra consumatori e intermediari. Tale organismo fornisce supporto e consulenza ai risparmiatori, esamina doglianze aventi ad oggetto violazioni degli obblighi di trasparenza verso la clientela ovvero di best practices in materia bancaria perpetrate dagli intermediari ed effettua accertamenti riguardanti le norme applicabili ai quesiti ad esso inoltrati. La sua natura giuridica è di derivazione pubblicistica.
Al termine dell’istruttoria il Servicio emette una decisione che ha natura di parere/relazione motivata con cui l’ente esprime una propria valutazione sul caso sottoposto[11]. Dal punto di vista degli effetti, l’intermediario può decidere di aderire e adeguarsi alle prescrizioni del provvedimento e, in caso di decisione sfavorevole, può comunicare di non dare corso alle indicazioni del Servicio: in quest’ultimo caso il Servicio non può comminare sanzioni ma ha la facoltà di informare il Banco de Espana su eventuali violazioni a cui può seguire l’apertura di inchieste da parte dell’autorità di vigilanza.
Per quanto riguarda l’ordinamento francese[12] è bene subito premettere che (per motivi legati alla tradizione giuridica di tale Paese) il sistema di ADR in materia bancaria/finanziaria è fondato sulla mediazione privata.
In materia bancaria si fa presente che tutte le banche (dalla emanazione della legge MURCEF, 2001, recante misure urgenti a carattere economico e finanziario) sono obbligate a dotarsi di un sistema di mediazione volto alla risoluzione delle controversie fra intermediari e clienti e sono, altresì, obbligate a comunicare ai clienti medesimi la possibilità di risolvere in via stragiudiziale la questione.
La procedura è gratuita. La definizione dei compiti dei singoli mediatori e il processo di presentazione del ricorso sono realizzati dalle stesse banche. I mediatori sono inoltre soggetti al controllo diretto del Comité de la médiation bancaire, presieduto dal Governatore della Banca centrale francese.
L’iter inizia con la presentazione da parte del cliente di un reclamo alla banca. In questo modo il mediatore può formulare una proposta conciliativa che si sostanzia in una Raccomandazione non vincolante (c.d. avis); essendo tale procedura facoltativa, nulla osta al cliente di adire l’autorità giudiziaria.
In Germania[13] assistiamo, invece, a un sistema variegato di ADR nel settore bancario/finanziario. Si contano circa sette sistemi di ADR (sei sistemi di natura privata e un sistema di natura pubblica) ed è la stessa lingua tedesca che offre sostantivi precisi per indicare l’arbitrato (Schiedsgericht), la mediazione (Mediation), la conciliazione (Schlichtung), l’ombudsman (ombudsmann).
I sistemi di risoluzione alternativa delle controversie nel settore bancario e finanziario tedesco hanno tutti natura aggiudicativa: pur nella diversità dei singoli sistemi il procedimento si conclude sempre con una decisione dell’ombudsmann o dello Schlichter sui reclami dei clienti.
Con specifico riguardo alla vincolatività delle decisioni rese, si può rilevare che il cliente non è mai vincolato; egli può quindi liberamente adire l’autorità giudiziaria mentre per l’intermediario il discorso è più complesso. Più in particolare, in alcuni sistemi (come ombudsmann delle banche pubbliche) le decisioni non sono vincolanti; in altri organismi (ombudsmann delle banche private) le decisioni sono vincolanti solo se eccedono un determinato limite di valore.
Da ultimo, merita un esame il sistema delle ADR in Inghilterra[14].
In primo luogo si premette che gli organismi di risoluzione alternativa delle controversie sono particolarmente diffusi e incoraggiati nel Regno Unito tanto è vero che la figura dell’ombudsman è lí diffusa sin dagli anni ’60, venendo frequentemente configurata come parte integrante di strutture amministrative di nuova creazione, operante al fianco dei regolatori pubblici di mercati aperti o privatizzati.
In ambito bancario finanziario si segnala la presenza del Financial Ombudsman Service (FOS), organismo istituito nel 2000, di natura pubblica, autonomo rispetto all’Autorità di vigilanza di settore che gestisce e risolve le controversie fra intermediari e clienti in maniera rapida e con il minimo formalismo.
Il FOS si occupa quindi di risolvere i reclami in materia di prodotti e servizi bancari e finanziari e la sua competenza è suddivisa in tre aree (la compulsory jurisdiction che riguarda le aree del credito al consumo, le attività come la concessione di finanziamenti, i pagamenti tramite plastic card, la prestazione di servizi bancari accessori; la consumer credit jurisdiction, in materia di tutela del consumatore; la voluntary jurisdiction si applica in via residuale quando la controversia non rientra nelle prime due aree menzionate).
Il FOS è amministrato da un board composto da 9 directors che, a loro volta, nominano gli ombudsmen che restano in carica per tre anni rinnovabili.
Anche in questo caso la procedura prevede la preventiva promozione da parte del cliente di apposito reclamo all’intermediario; se il riscontro al reclamo non è soddisfacente, il cliente può adire il FOS con un ricorso non oltre sei mesi dopo il ricevimento da parte del consumatore della final response letter dell’intermediario.
La decisione, resa in forma scritta, (c.d. finding) può essere appellata da entrambe le parti di fonte ad altri ombudsmen. Si segnala che la decisione può non essere accettata dal cliente e che egli potrà adire l’autorità giudiziaria che, nella prassi (vista l’autorevolezza dell’organismo), conferma quasi sempre le determinazioni del FOS.
Per quanto riguarda le decisioni sfavorevoli per l’intermediario, si rileva che quest’ultimo è vincolato al provvedimento del FOS in quanto avente forza di titolo esecutivo. Inoltre, in caso di non osservanza da parte dell’intermediario degli obblighi prescritti dalla decisione, è prevista la possibilità di infliggere una sanzione amministrativa irrogata dalla FCA (autorità a cui è attribuita la funzione di regolamentazione delle imprese finanziarie che forniscono servizi ai consumatori).
[1] Solo a titolo esemplificativo si segnala sull’Arbitro Bancario Finanziario: Claudio Consolo – Marcello Stella Il ruolo prognostico – deflattivo, irriducibile a quell’adell’arbitro, del nuovo ABF, “scrutatore” di torti e ragioni nelle liti in materia bancaria”; Claudio Consolo – Marcello Stella L’arbitro bancario finanziario e la sua giurisprudenza precognitrice; Valerio Tavormina L’Arbitro Bancario Finanziario (un altro episodio de “i nuovi mostri”); Ferruccio Auletta Arbitro bancario finanziario e “sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie”; Valerio Sangiovanni Regole procedurali e poteri decisori dell’Arbitro Bancario Finanziario; Giuseppe Guizzi L’Arbitro Bancario Finanziario nell’ambito dei sistemi di ADR: brevi note intorno al valore delle decisioni dell’ABF; Virginia Petrella L’arbitrato bancario finanziario; Andrea Tucci L’arbitro bancario finanziario fra trasparenza bancaria e giurisdizione; Ernesto Capobianco, Mediazione obbligatoria e Arbitro Bancario Finanziario.
[2] Sul punto, fra i tanti, si veda Consolo – Stella, cit; V. Sangiovanni, cit.
[3] Sul punto, Consolo – Stella, cit.; Pierucci, cit (contra: Desario Profili d’impatto delle decisioni dell’Arbitro Bancario finanziario sugli intermediari).
[4] Sul punto, si veda Petrella, cit.
[5] Al pari dell’ABF, l’ACF è uno strumento di risoluzione delle controversie competente per le vertenze tra investitori e intermediari in materia di contratti di investimento.
[6] Cfr. Tribunale di Roma, sentenza 8 marzo 2022, n. 3654.
[7] Si veda, fra i tanti, V. Sangiovanni, cit.; S. Ruperto, L’«arbitro bancario finanziario».
[8] In tal senso: A. Pierucci, cit; V. Petrella, cit; Antonio Scarpa, Metodi alternativi di risoluzione delle controversie bancarie e finanziarie: dialogo a più voci; M. Maione, cit.; G. Guizzi, cit; S. Ruperto, cit. (contra: F. Auletta, cit.).
[9] Si veda, V. Petrella, cit.
[10] Sul tema si veda Aa Vv, Trattato sull’ arbitrato.
[11] Sul tema si veda Aa Vv, Trattato sull’ arbitrato, cit.
[12] Sul tema si veda Aa Vv, Trattato sull’ arbitrato, cit.
[13] Sul tema si veda Aa Vv, Trattato sull’ arbitrato, cit.
[14] Sul tema si veda Aa Vv, Trattato sull’ arbitrato, cit.