Oggetto: aumento del limiti di impignorabilità – nuova disposizione di legge inserita nella legge di conversione del decreto aiuti bis convertito con legge n. 21 settembre 2022, n. 142

 

SOMMARIO

  1. premessa. 1
  2. considerazioni 2

–       sull’istruttoria di una pratica di finanziamento. 2

–       sulla soglia di pignorabilità (o quota impignorabile) 2

–       sulla coesistenza tra pignoramento e finanziamento contro cessione del quinto della pensione. 3

 

1.     Premessa

Con legge di conversione n. 142 del 20 settembre 2022 è stato approvato e convertito in legge il decreto n. 115 del 9 agosto 2022 recante “Misure urgenti in materia di energia, emergenza idrica, politiche sociali e industriali” (di seguito “Decreto Aiuti bis”), il quale ha introdotto il nuovo articolo 21-bis rubricato “Modifiche al limite di impignorabilità delle pensioni”, che ha modificato il settimo comma dell’articolo 545 c.p.c. sul limite di pignorabilità delle somme da chiunque dovute a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione o di altri assegni di quiescenza.

Infatti, il suindicato articolo, nella sua formulazione previgente, prevedeva che:

  • le somme da chiunque dovute a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione o di altri assegni di quiescenza, non possono essere pignorate per un ammontare corrispondente alla misura massima mensile dell’assegno sociale, aumentato della metà”.

La nuova disposizione sostituisce tale limite con una nuova previsione che statuisce quanto segue:

  • “[…] un ammontare corrispondente al doppio della misura massima mensile dell’assegno sociale, con un minimo di 1.000 euro […]”.

 

formulazione vigente ante 2015 formulazione riforma 2015 formulazione riforma 2022
comma assente ante riforma del 2015 Le somme da chiunque dovute a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione o di altri assegni di quiescenza, non possono essere pignorate per un ammontare corrispondente alla misura massima mensile dell’assegno sociale, aumentato della metà. La parte eccedente tale ammontare è pignorabile nei limiti previsti dal terzo, quarto e quinto comma nonché dalle speciali disposizioni di legge. Le somme da chiunque dovute a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione o di altri assegni di quiescenza non possono essere pignorate per un ammontare corrispondente alla misura massima mensile dell’assegno sociale, aumentato della metà al doppio della misura massima mensile dell’assegno sociale, con un minimo di 1.000 euro. La parte eccedente tale ammontare è pignorabile nei limiti previsti dal terzo, dal quarto e dal quinto comma nonché dalle speciali disposizioni di legge.

 

Di conseguenza, solo la parte eccedente tale ammontare è pignorabile nei limiti previsti dal terzo, dal quarto e dal quinto comma dell’art. 545 c.p.c., nonché dalle speciali disposizioni di legge.

L’assegno sociale[1], calcolo di base per il limite indicato, è un contributo economico di natura assistenziale, erogato dall’INPS, destinato a tutti coloro che si trovano in condizioni economiche disagiate e ammonta, per l’anno 2022, ad € 468,11 mensili. Il suddetto importo viene adeguato, di anno in anno, in base alla variazione dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati.

La novella di cui all’articolo 21-bis del Decreto Aiuti Bis non modifica, però, l’ottavo comma dello stesso articolo 545 c.p.c.; resta dunque fermo che, per le somme accreditate – in relazione ad uno dei trattamenti indicati dalla norma – su conto bancario o postale (intestato al debitore) in data antecedente al pignoramento (anziché nella stessa data o in data successiva), l’esclusione dal medesimo pignoramento è riconosciuta per una fascia di importo più elevata, pari al triplo dell’assegno sociale.

2.     Considerazioni

Di seguito, si riportano alcune considerazioni in merito agli impatti di natura normativa – legale che si potrebbero riflettere su alcuni prodotti di impiego della banca, più precisamente i) sia quelli relativi alla fase di vendita ovvero nell’istruttoria di un contratto di finanziamento tramite cessione del quinto della pensione (di seguito “CQP”), ii) che nella fase di post-vendita del prodotto e, non da ultimo, iii) di gestione del cliente in caso di attività di recupero crediti.

–    sull’istruttoria di una pratica di finanziamento tramite cessione del quinto della pensione

Con riferimento alle attività di istruttoria di una pratica di finanziamento CQP, la normativa così come modificata, non ha incidenza sulle modalità di calcolo della quota cedibile. La Circolare INPS numero 91 del 31-5-2007 chiarisce come l’importo cedibile sia calcolato al netto delle trattenute fiscali e previdenziali, con salvaguardia del trattamento minimo[2] stabilito annualmente dalla legge per l’Assicurazione Generale Obbligatoria (AGO).

Per questo motivo i trattamenti pensionistici, integrati al minimo, non possono essere oggetto di cessione. Nel caso di titolari di più pensioni cedibili della medesima gestione pensionistica, il calcolo si effettua sul cumulo delle pensioni percepite.

L’articolo 5, comma 2, del D.M. n. 313 del 2006 ha, peraltro, specificato che, nel caso in cui il contraente il prestito goda di più trattamenti pensionistici, il calcolo della quota cedibile, che fa salvo il trattamento minimo, va effettuato tenendo conto della somma dei trattamenti medesimi.

Pertanto, ai fini del calcolo della quota cedibile non rileva il limite posto dall’articolo 545 c.p.c. ma ha incidenza il trattamento minimo pensionistico, stabilito di anno in anno con Decreto Ministeriale, il quale tiene conto anche dei valori Istat sugli indici di povertà.

A conferma di quanto appena esposto, si osserva che l’art. 6 dell’Allegato n. 2 del Messaggio INPS n. 4385 del 26 novembre 2019[3] prevede che la quota cedibile – pari ad un quinto della pensione – è calcolata al netto delle ritenute fiscali e previdenziali anche sopravvenute; la medesima disposizione chiarisce altresì che dalla differenza tra la quota così individuata e l’importo della pensione al netto delle ritenute deve essere garantita la salvaguardia del trattamento minimo, altrimenti la quota verrà ridotta finché non sia ristabilita la tutela del minimo di legge.

 

–    sulla soglia di pignorabilità (o quota impignorabile)

La normativa richiamata e oggetto di una prima analisi, in virtù della modifica apportata con il Decreto Aiuti Bis, potrebbe invece avere sicuramente un impatto sul calcolo della somma oggetto di eventuale pignoramento a seguito di procedimento esecutivo.

Dunque, il limite di pignorabilità viene elevato al doppio della misura massima mensile dell’assegno sociale e, in ogni caso, con un minimo di 1.000 euro. Di conseguenza, il creditore procedente potrà aggredire gli importi eccedenti, nel rispetto dei limiti previsti dai restanti commi dell’art. 545 c.p.c. (e, in via generale, una somma pari ad un quinto dell’importo eccedente tale calcolo), creando una “sorta” di minimo non pignorabile per il debitore esecutato pari ad € 1.000,00 di quanto percepito a titolo di trattamento pensionistico.

 

–    sulla coesistenza tra pignoramento e finanziamento contro cessione del quinto della pensione

Il nuovo limite potrebbe portare a delle conseguenze in ordine alla valutazione circa l’effettivo subentro – o meglio il quantum – di un pignoramento in presenza di un finanziamento contro cessione del quinto della pensione. Per contestualizzare il profilo normativo, riportiamo un esempio pratico (per un maggiore dettaglio, si rinvia al documento allegato):

Si avrebbe la situazione di seguito descritta:

Come può vedersi dallo schema di cui sopra, focalizzandoci sulle modalità di calcolo, risulta evidente come le trattenute siano il frutto di una “diversa” metodologia di calcolo, a seconda che si tratti della trattenuta volontaria (CQP) o della trattenuta obbligatoria. Infatti:

  1. per il calcolo della quota cedibile, finalizzata alla concessione di un finanziamento CQP, rileva il trattamento minimo pensionistico[4];
  2. per il calcolo della quota pignorabile deve essere considerato come parametro di riferimento il limite posto dall’art. 545 c.p.c.

In relazione alla coesistenza tra la cessione del quinto e il pignoramento di quote della pensione, va segnalata la prassi operativa dell’INPS, ormai consolidata, di dare precedenza alla trattenuta obbligatoria dovuta per pignoramenti, seppure successiva sotto il profilo temporale[5], rispetto alla trattenuta volontaria (CQP), che dunque subirà (o non dovrebbe subire?) una riduzione e/o una sospensione in ragione della soglia minima prevista posta a salvaguardia e tutela per il pensionato.

Dunque, tenuto conto dell’innalzamento della soglia minima, come sopra descritta, potrebbe essere più frequente subire la sospensione della trattenuta su pensione in presenza del subentro di una trattenuta obbligatoria.

 

 

[1] Per maggior informazioni https://www.inps.it/prestazioni-servizi/assegno-sociale.

 

[2] Il trattamento minimo di riferimento in pagamento dal primo gennaio 2022 è pari a 523,83 euro. Fonte https://www.inps.it/news/la-perequazione-delle-pensioni-e-gli-aumenti-per-il-2022 e Circolare n° 197 del 23-12-2021 (https://servizi2.inps.it/servizi/CircMessStd/VisualizzaDoc.aspx?tipologia=circmess&idunivoco=13649).

 

[3] Cfr. Messaggio INPS n. 4385/2019 – Determinazione dell’Organo munito dei poteri del Consiglio di Amministrazione dell’INPS n. 125 dell’8 novembre 2019, avente ad oggetto la convenzione finalizzata a disciplinare la concessione di finanziamenti a pensionati INPS da estinguersi dietro cessione fino a un quinto della pensione e il Regolamento contenente le “Disposizioni per la cessione del quinto”

[4] cfr. nota (2).

 

[5] A tal proposito, si ritiene opportuno far presente che la Corte Costituzionale, con la recente sentenza n. 65 del 16 marzo 2022, sebbene riguardante un caso di ristrutturazione del debito (Art. 8 L. . 3/2012), ha chiarito che non vi è prevalenza del pignoramento eseguito dal creditore rispetto alla cessione, convenzionale, del quinto dello stipendio; secondo i giudici costituzionali, infatti, “(…) Deve, allora, in primo luogo, rilevarsi che l’effetto traslativo del credito, che deriva dall’assegnazione giudiziale, è il medesimo effetto che discende dalla cessione volontaria del credito in luogo dell’adempimento (…)”, pertanto “Attribuire all’effetto traslativo derivante dall’assegnazione giudiziale una vincolatività differente rispetto a quella riconosciuta all’effetto della cessione volontaria sarebbe equivalente a ritenere che il trasferimento della proprietà attuato con una vendita forzata sia “più forte e vincolante” dell’effetto traslativo generato da un atto di autonomia privata. Ma così non è e traspare in modo evidente dagli artt. 2919 e seguenti cod. civ. (…) Pertanto, l’assegnazione trasferisce il diritto di credito che spettava a colui che subisce l’espropriazione, come se quest’ultimo lo avesse volontariamente ceduto al proprio creditore (…) In sostanza, la differenza tra le due tipologie di cessioni attiene solo al meccanismo pro solvendo, quello che giustifica una possibile falcidia e ristrutturazione del persistente debito e che sussiste sempre nell’assegnazione giudiziale e di regola nella cessione volontaria. Per il resto, l’assegnazione giudiziale non fa che produrre il medesimo effetto traslativo del credito e non ha alcun fondamento giuridico il ritenere che la diversa fonte incida sulla vincolatività di tale effetto (…)”. Sulla base di questo principio, quindi, se ne deduce che in caso di pensione gravata da una cessione del quinto sulla quale interviene successivamente pignoramento trova applicazione il criterio cronologico secondo cui – in linea con l’art. 2914 co 1 n. 2 cc – tra le fattispecie giuridiche menzionate ha prevalenza quella notificata o accettata per prima.